Vado da Colui che mi ha mandato.

Il testo dice subito dopo che gli apostoli, a questa notizia data loro da Gesù, ebbero il cuore riempito di tristezza. Sant'Agostino commenta: "Erano contristati nel loro affetto umano al pensiero che i loro occhi non si sarebbero più consolati nel vederlo". E Gesù rafforza l'annuncio della sua dipartita dicendo: "È bene che io me ne vada". Li rende avvertiti che verrà il Consolatore solo a patto che Gesù se ne vada. Sarà poi lo Spirito a consolarli facendo chiarezza di verità sulla loro situazione. E questo compiersi della missione di Gesù in terra, questo suo tornare la Padre da cui era stato mandato, quel che c'interessa, ora e qui. Perché è, in qualche modo, l'itinerario nostro e di quanti abbiamo amato e amiamo. Ognuno è un bel sogno di Dio che ha preso forma in terra. Ognuno quaggiù è "pellegrino e straniero". Ognuno ha la sua piccola o grande missione da compiere. Poi muore: ritorna al Padre. Ecco guardare la morte senza paura, senza ossessione è grazia da chiedere ogni giorno, Guardare alla morte delle persone care senza angoscioso strazio ma con pacato dolore che accetta la loro dipartita, è pure tipico del cristiano. Anche chi non è approdato alla fede cristiana se vive rettamente può dire come il giornalista Tiziano Terzani, abitato da cancro in metastasi, "Io sono sereno. Da mesi dentro di me c'è un centro di gioia che irradia in ogni direzione. L'ultimo atto della mia vita che si chiama morte non mi preoccupa perché mi ci sono preparato". Quanto più per noi ciò dovrebbe essere vero, per noi che crediamo in Gesù Risorto.
La consapevolezza che morire significa andare al Padre è la chiamata a vivere come Gesù l'esperienza del risorgere a una vita dove l'amore sarà felicità e pienezza per sempre. Bisogna che ciò diventi "festa di santi pensieri" nella serena attesa del cuore.

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