Ormai i testi della Sacra Scrittura ci orientano al mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo. Se settimana prossima è la settimana autentica (settimana santa nella dizione della pietà popolare), questa può essere chiamata settimana della passione, perché i testi ci orientano al mistero della sofferenza di Gesù Cristo, ma anche soprattutto del rifiuto dei suoi discepoli. Nella prima lettura continua la vicenda di Giuseppe. Colui che è stato sottoposto a una sofferenza immeritata dai suoi famigliari si trasforma in strumento di salvezza per la vita di un intero popolo. Questa indicazione è importante, perché quando noi viviamo certe situazioni di difficoltà e non vediamo la luce la Parola del Signore ci dice: «Se tu vivi questa sofferenza nella speranza vera, questa tua sofferenza è per la salvezza». Nella croce di Cristo ogni difficoltà diventa salvezza e non ricerca masochistica di sofferenza. Giuseppe interpreta i sogni del faraone, Giuseppe raffigura la Sapienza divina, ben superiore ai tentativi degli indovini. Solo Dio conosce gli avvenimenti perché Lui solo è il Signore. Anche l'abbondanza e la carestia serviranno ai suoi disegni di salvezza.

L'autore dei Proverbi, concludendo, riassume i suoi insegnamenti, indicando al discepolo la strada della vera Sapienza, che anticipa il famoso detto evangelico: «Chi si umilia sarà esaltato, chi si esalta sarà umiliato» (Mt 23, 12). Di fronte ai potenti il saggio sa che nulla ha da temere, perché la sua garanzia è il Signore. Il successo della vita non è garantito dall'adulazione, dal servilismo verso i potenti, perché chi giudica le azioni degli uomini sta al di sopra di costoro. Al Signore deve essere gradita la condotta di ognuno di noi. In questo periodo in cui siamo omologati e condizionati dai mass media, avere questa libertà interiore è il modo per essere noi stessi e per impegnarci per il bene comune.

Il brano di Giovanni, che fa parte del capitolo VI, è il discorso sul pane di vita che incomincia con la moltiplicazione dei pani. La gente corre da Gesù perché ha risolto il problema della sopravvivenza. Gesù fa la sorpresa che li spiazza: «Io sono il pane di vita». Rimangono sconcertati e scandalizzati. Le reazioni dei vari uditori al discorso di Gesù, pane di vita eterna, sono un anticipo dei vari tipi di risposta di fronte alla sua passione. Noi non ci rendiamo conto della grandezza di un Dio che ci salva attraverso la debolezza e non accettiamo questo, perché noi piccoli abbiamo una «mentalità grande», secondo la quale per risolvere i problemi abbiamo bisogno di «Spot». Di fronte al discorso del pane di vita molti discepoli abbandonano Gesù. Allora Gesù si rivolge agli apostoli dicendo: «Volete andarvene anche voi?». Pietro risponde anche in rappresentanza degli altri con una confessione fra le più solenni del quarto Vangelo. La sua risposta esprime un'adesione personale a Cristo, un amore indiscusso: frutto più di fiducia, prima ancora che di comprensione. Come risposta c'è prima l'immediatezza, poi la fiducia, maturata con lo spessore della coerenza. Per Pietro Gesù è l'unico salvatore, l'unico capace di offrire all'uomo parole di vita, ma alla confessione piena occorre il riconoscimento di Gesù nella vita. Pietro lo rinnegherà, e rinnegherà il maestro per tre volte, Giuda lo tradirà per trenta denari. La risposta di Gesù è insieme consolante e dolorosa. Consolante perché l'elezione dei discepoli poggia sull'amore indefettibile di Dio; dolorosa perché il mistero del rifiuto si annida ovunque, anche nella cerchia dei dodici. Quando ci troviamo di fronte a persone che dicono di amare tantissimo il Signore, ci entusiasmiamo, ma siamo estremamente cauti: queste risposte entusiaste, bellissime, devono essere maturate con la perseveranza.

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