2020 - mons. Franco Cecchin del giovedì 24 novembre 2022
Beata Maria Anna Sala, vergine
Anche oggi, giovedì della seconda settimana di Avvento, il Signore ci rivolge delle parole che ci scuotono, sembrano non incoraggiarci, ma c'è presente e c'è futuro nella misura in cui abbiamo la capacità di fare verità dentro ciascuno di noi.
La prima lettura, tratta dal profeta Geremia, è un appello di questo Dio a entrare nel vissuto della nostra vita, personale e di comunità. C'è una denuncia ben precisa per un popolo che si è allontanato da Dio, un popolo che ha coinvolto tutte le generazioni, e le cose non vanno - sembra dire il Signore - perché vi siete allontanati da me.
Dietro a questi energici inviti il profeta ode come in un dramma una prima risposta: il lamento e il pianto di Israele per il grave peccato che ha commesso, dimenticandosi del suo Dio. L'invito allora viene caldamente ripetuto e il veggente ci fa assistere alla soluzione del dramma: Israele confessa a voce alta la sua colpa, riconosce che il Signore è il suo vero Dio, mentre gli idoli non sono che menzogne. Nel Signore sta la sua salvezza, mentre le divinità pagane hanno consumato inutilmente i suoi beni e i suoi figli. Ora è profondamente umiliato e confuso al cospetto del suo vero Signore a cui si è ribellato. Questi erano la meta e lo scopo di tutta la missione profetica.
Attraverso la seconda lettura, tratta dal profeta Zaccaria, constatiamo che il Signore non si è dimenticato del suo popolo, lo ha ricondotto in patria e ora gli prepara la piena liberazione e una più florida rinascita. Le parole sono estremamente espressive: «Rallegrati, esulta, figlia di Sion, perché ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. Nazioni numerose arriveranno in quel giorno e diverranno tuo popolo».
Coloro che avevano reso schiavo Israele diventeranno a loro volta schiavi: Dio che aveva disperso il suo popolo lo raduna adesso con potenza. Alla vista di tale prodigio molti popoli resteranno religiosamente stupiti e si aggregheranno alla comunità santa, ormai fedele alla Parola di Dio. Grandi interventi salvifici di quegli ultimi tempi, come al principio della storia ebraica in Egitto, dimostreranno a tutti, giudei e pagani, la potenza e la condiscendenza del Dio di Israele.
A questo respiro ampio, sia pur nella consapevolezza del proprio peccato, abbiamo la presa di posizione precisa, per non dire dura, di Gesù di fronte alla presunzione e superbia dei farisei: di tutto si renderà conto. L'ombra del Giudizio si proietta ancora una volta inesorabile. Non l'ascesi della custodia della lingua, ma la teologia della decisione pro o contro Cristo è qui chiamata in causa: ogni parola che comunque lo rinneghi attira la condanna su chi l'ha pronunciata.
A chiusura dell'aspra controversia Matteo riporta delle immagini, in parte già utilizzate in antecedenza come quella dell'albero e della razza di vipere, con le quali si cerca di sondare il mistero dell'incredulità giudaica: «Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero [...].L'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive». Gesù ha modo così di mettere a nudo la malafede dei suoi contemporanei.
Il mondo va male, c'è contrapposizione, c'è crisi, si cercano tutte le soluzioni, ma non si va alla radice. L'ammonimento di Gesù è attualissimo. Abbiamo cancellato la dimensione etica: parliamo di criteri etici, ma non abbiamo il coraggio di fondare i criteri etici su Dio. La crisi all'interno del mondo occidentale è dovuta al fatto che togliamo Dio dalla storia. È interessante questa Parola di Dio, perché è una denuncia forte: ci fa riflettere e ci sollecita a un cambiamento.