LE AZIONI LITURGICHE NON SONO AZIONI PRIVATE MA CELEBRAZIONI DELLA CHIESA
Pubblicato il 27/10/2025
Nella concelebrazione di più sacerdoti si manifesta l'unità del sacerdozio, del sacrificio e di tutto il popolo di Dio.
L’argomento trattato nell’articolo precedente e il superamento nel vecchio n. 267 dei Praenotanda: «Gli altri altari siano pochi e, nelle nuove chiese, siano collocati in cappelle, separate in qualche modo dalla navata della, chiesa», ci offre l'occasione per accennare alla concelebrazione, modalità celebrazionale impensabile in un tempo nel quale la Messa era diventata una pratica devozionale ed era vissuta dal solo sacerdote (usanza, per la verità proibita) che per farlo solitamente occupava uno degli altari delle varie cappelle disseminate lungo la navata (San Pietro ospita 45 altari e 11 cappelle). Ancora oggi c'è qualche sacerdote che rifiuta categoricamente la concelebrazione perché sminuisce il valore della "sua" Messa. Ora, l'Ordinamento generale del Messale romano, pur permettendo al singolo sacerdote di celebrare l'Eucaristia in modo individuale (ma sempre con un ministro), gli impone di non farlo nel tempo in cui nella stessa chiesa o oratorio si tiene la concelebrazione; così pure il Giovedì della Settimana Santa nella Messa vespertina "Cena del Signore" e nella Messa della Veglia Pasquale (n. 199). Nella concelebrazione, infatti, «Si manifesta assai bene l'unità del sacerdozio, del sacrificio e di tutto il popolo di Dio, e - per questo - è prescritta dal rito stesso: nell'Ordinazione del vescovo e dei presbiteri, nella Benedizione dell'abate e nella Messa crismale e in alcuni casi è raccomanda ta», In queste parole è facile riscontrare il desiderio di definire una ecclesiologia che metta in primo piano l'intero popolo di Dio e sottolinei la ministerialità di chi lo guida, superando quella visione individualistica che ancora circola e sembra essere garanzia - a volte ostentata - di autentica devozione.
È sempre valido quanto leggiamo nei nn. 26 e 27 della Costituzione Sacrosanctum Concilium: «Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa, che è "sacramento dell'unità", cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi. Perciò tali azioni appartengono all'intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano... Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della Messa, benché qualsiasi Messa abbia sempre un carattere pubblico e sociale, e per l'amministrazione dei sacramenti».
È dunque ribadito con maggior forza nel nuovo Messale che «nessuno mai vada o sia ammesso a concelebrare quando la Messa è già iniziata» (Ordinamento generale, n. 206). Sì, perché si era diffusa anche questa aberrante abitudine di arrivare alla spicciolata e inserirsi nel gruppo dei concelebranti alla chetichella, magari terminando di indossare i paramenti a celebrazione già iniziata. Dando, oltretutto un pessimo esempio, e diffondendo quel senso di sciatteria che purtroppo ha messo in cattiva luce la concelebrazione stessa.
di: don Carlo Cibien
da: Credere 17/2024
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