IL DONO DELLA PACE, MOTIVO DI SPERANZA E ATTO D'AMORE
Pubblicato il 12/06/2025
Con questo gesto i fedeli esprimono la comunione della Chiesa e l'amore vicendevole prima di fare la Comunione.
Il mistero dell'incarnazione è rappresentato dall'evangelista Giovanni in termini intensissimi: «E la Parola Verbo si fece carne...» (Gv 1, 14), termini che sono - dovrebbero essere - per ognuno di noi molto coinvolgenti perché Dio non ha fatto tutto da solo ma ci ha reso attivamente partecipi in Maria: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio inviò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge...» (Gal 4, 4). Quella "pienezza del tempo", unica, va intesa nell'ottica di Dio e segue le regole del "memoriale"; è cioè durativa nel tempo, ed è presente ed efficace ogni volta che viene evocata dalla comunità cristiana che la celebra in ogni Eucaristia.
Quella "pienezza del tempo" e quella "Parola che si fece carne", noi dunque li celebriamo nell'Eucaristia e da essi ci lasciamo coinvolgere - ci dovremmo lasciare coinvolgere - anche attraverso parole e gesti significativi, ad esempio nello scambio del dono della pace.
Nel Messale ambrosiano, l'Invito alla Pace ha accolto la nuova formulazione romana: «Scambiamoci il dono della pace», ma ha conservato la collocazione tradizionale al termine della Liturgia della parola e all'inizio della Liturgia eucaristica. «Prima che i doni vengano portati all'altare, secondo l'esortazione evangelica [Mt 5, 23-24] può aver luogo il rito della pace con il quale i fedeli, animati dalla parola di Dio, prima di celebrare il mistero eucaristico si manifestano reciprocamente l'amore fraterno», recita il Messale ambrosiano.
Nel Messale Romano, il Rito della pace è collocato dopo il Padre nostro - bella premessa! - e prima della Frazione del pane, ed è spiegato dall'Ordinamento generale del Messale romano (n. 82) in modo "inclusivo": «Segue il rito della pace, con il quale la Chiesa implora la pace e l'unità per sé stessa e per l'intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l'amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento». Qui l'implorazione si fonde con la testimonianza e anticipa l'efficacia della Comunione al Corpo e Sangue di Cristo.
Oltre all'esortazione evangelica da cui deriva, il Rito della pace evoca quindi le parole pasquali di Gesù: «Pace a voi» (Lc 24, 36). Il nostro corpo, come quello incarnato di Gesù - e dunque non solo la nostra anima -, prima di comunicare al Corpo di Cristo, dà e riceve vita al e dal corpo della Chiesa e materialmente abbraccia e bacia il corpo del fratello e della sorella che ci sta accanto, manifestandogli la pace.
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14, 27), e «... come il Padre ha mandato me così io mando voi» (Gv 20, 19-23). Il "dono della pace" significa che già ora siamo in grado di sperimentare quella condizione che appartiene, nella pienezza, solo a Dio, la sua pace, il suo riposo. Non solo: in Cristo noi stessi ne siamo portatori. Così la Parola continua a farsi carne, e la nostra carne a farsi Parola, corpo di Cristo vivo.
Quel gesto è per noi una promessa e un impegno davanti al mondo e davanti a Dio. Motivo di speranza, atto d'amore. Anche se non sempre ne siamo pienamente coscienti.
di: don Carlo Cibien
da: Credere 12/2024
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