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I RITI CHE CI DISPONGONO ALLA COMUNIONE

Pubblicato il 12/05/2025

Con varie formule esprimiamo la nostra distanza da Dio. Che ci libera dalla nostra conflittualità donandoci la sua pace. 

Ci soffermiamo ora sui Riti di comunione che comprendono il Padre nostro, il Rito della pace, la Frazione del pane e portano alla Comunione (Ordinamento generale del Messale romano, nn. 80-89).

A ben riflettere, nelle nostre assemblee questi momenti della celebrazione scorrono come se niente fosse e non sempre siamo intimamente coscienti dei (nostri) gesti e delle (nostre) parole che li accompagnano. L'Ordinamento, tuttavia, ne spiega il grande valore: «Poiché la celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene che, secondo il comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale. A questo mirano la frazione del pane e gli altri riti preparatori, che dispongono immediatamente i fedeli alla comunione» (n. 80).

Tutte le formule, pur in modo diverso, sottolineano che siamo coscienti di essere distanti da Dio, che sappiamo di essere in "debito" nei suoi confronti. Ma evidenziano la sua azione liberante dalla nostra conflittualità con la sua pace; dalla nostra con la sua volontà. Sono formule tutte orientate alla Comunione e con una visione attenta al "presente" e al futuro escatologico, espresso nell'«attesa della beata speranza». Così, nel Padre nostro, le invocazioni: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male». Anche l'embolismo che segue - e a cui l'assemblea risponde con la dossologia: «Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli» - è sulla stessa linea: «Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato ... nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo».

Il Rito della pace si apre con l'invocazione: «Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace", non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà» che è spiegata dall'Ordinamento in modo "inclusivo": «Segue il rito della pace, con il quale la Chiesa implora la pace e l'unità per sé stessa e per l'intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l'amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento» (n. 82). Qui l'invocazione si fonde con la testimonianza e anticipa l'efficacia della Comunione al Corpo e Sangue di Cristo. La Liturgia ci invita a mettere da parte i nostri timori e ad accogliere preventivamente la presenza di Gesù nel dono della sua pace reciprocamente scambiato nel suo Corpo ecclesiale.

Infine, la Frazione del pane, accompagnata dall'Agnello di Dio, fa da ponte tra il Rito della pace e il dono di Cristo che unisce divinamente la comunità con il suo corpo e il suo sangue. Sicché il sacerdote può affermare: «Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell'Agnello», e con il popolo concludere: «O Signore, non sono degno... ma di' soltanto una parola e io sarò salvato».


di: don Carlo Cibien
da: Credere 11/2024


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bossi carla il giorno 27/05/2025 alle ore 10:02 ha commentato:

Non ho commenti chiedo se è possibile nella formula "Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell'Agnello», sostituire: "Beati gli invitati alla cena dell'Agnello», con "Beati gli invitati alla cena del Signore» ? come ho sentito fare in alcuni casi Grazie

Risposta dell'amministratore:

È un errore... E stato cambiato il testo della messa nell'ultima edizione del Messale, tanto Romano quanto Ambrosiano, per avere un riferimento più diretto al testo di Apocalisse 19,9. Quindi usare la formula vecchia non è certo un errore teologico perché l'abbiamo usato per anni. Però non è segno di comunione. Nelle altre lingue ci sono espressioni simili. Ma è bene stare a quanto è scritto sul messale.