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IL CRISTIANO È SEMPRE VANGELO VIVENTE

Pubblicato il 12/04/2025

Noi siamo anche il nostro corpo, le nostre mani, i nostri occhi, la nostra voce: con essi esprimiamo la nostra preghiera.

Il popolo italiano, che nel mondo è riconosciuto come     "gesticolante" e "loquace", quando entra in chiesa diventa impacciato, immobile e taciturno. Possiamo concludere che non si sente a casa. In parte ciò dipende dalle nostre chiese e da chi le dirige con un'approssimazione dovuta a scarsa preparazione, relazionalità e sensibilità pastorale. Si sa, la pastorale ­ dovrebbe essere "ars artium" (l'arte delle arti secondo Gregorio Magno), ma nella realtà è un po' come il Carneade di manzoniana memoria. Un esempio? Quanti pastori hanno la sensibilità e sono capaci di vera sinodalità, oggi riportata in auge da un Sinodo?

Venendo al nostro tema, quali sono i gesti, quali le preghiere e quali i canti che abbiamo ereditato? C'è stata una generatività e una traditio supportata dai pastori nel popolo - di Dio in questa migrazione della fede da una generazione all'altra? Sappiamo - forse – metterci in ginocchio e tenere le mani giunte... ma è un po' poco. Ci siamo mai guardati quando ci genuflettiamo - se ancora lo facciamo - entrando in chiesa? C'è spesso uno scollamento tra ciò che facciamo e il perché lo facciamo: sono gesti che non ci appartengono, che non sono nostri, e che sono semplicemente indotti: perché "così fan tutti".

I manuali di liturgia si sono spesso limitati ad articolare ed elencare una gestualità da assumere, raramente hanno seguito il percorso inverso: sto esprimendo questi contenuti, queste emozioni e il mio corpo si associa all'intenzione, assumendo di conseguenza una posizione particolare che non dipende solo da me, ma da ciò che mi ha formato, dalla mia fede ricevuta e manifestata. Il gesto diventa icona della mia persona che crede, atto di fede, testimonianza e annuncio attraverso la mia persona.

Riferendosi alla gioia che deve caratterizzare l'annuncio cristiano, papa Francesco ha ricordato che «È essenziale vigilare sui nostri sentimenti. L'evangelizzazione opera la gratuità, perché viene dalla pienezza, non dalla pressione... il Vangelo è un annuncio di gioia... Il Vangelo ha il calore della gioia... il Vangelo è un sorriso, ti fa sorridere perché ti tocca l'anima con la Buona Notizia». Il cristiano è sempre Vangelo vivente. Noi siamo anche il nostro corpo, le nostre mani, i nostri occhi, la nostra voce.

Inoltre «l'atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell'unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l'intenzione e i sentimenti dell'animo di coloro che partecipano» (Ordinamento generale del Messale romano, n. 42, e 43 nel quale sono distribuiti lungo la celebrazione i gesti che l'accompagnano). L'uniformità gestuale è ottenuta anche attraverso le indicazioni di chi dirige l'intera assemblea. Così il singolo non si limita a costruire il pieno accordo tra la sua mente, la sua volontà, il suo cuore e il suo corpo, ma lo esprime e lo comunica come corpo ecclesiale in sé e attorno a sé. La celebrazione - questo è l'ideale! - splenderà per nobile semplicità e raggiungerà il suo pieno significato.


di: don Carlo Cibien
da: Credere 10/2024


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