ANTISEMITISMO, OCCORRE GENERARE RISPETTO PER LE COMUNITÀ EBRAICHE
Pubblicato il 13/03/2025
È stato il Vaticano II ad aprire una nuova strada nel rapporto con gli ebrei. I suoi insegnamenti sono ancora attuali.
Cari amici lettori, è uscita in questi giorni la Relazione annuale sull’antisemitismo in Italia 2024, a cura del Centro di documentazione ebraica contemporanea, in cui si testimonia – è triste doverlo dire – un «forte aumento degli atti (antisemiti) rispetto al 2023». A seguito di 1.384 segnalazioni, sono 877 gli episodi di antisemitismo riconosciuti come tali nel 2024 in Italia; di questi, 600 in rete e 277 atti materiali.
Sono dati che devono farci riflettere, perché dietro i freddi numeri ci sono storie di persone, che avvertono un’insicurezza e una minaccia continua su di sé. La senatrice Liliana Segre, testimone d’eccezione della Shoah, a 94 anni gira sotto scorta per via delle minacce ricevute. Possiamo aggiungere le sinagoghe presidiate dalle forze dell’ordine, le tombe ebraiche vandalizzate, le scritte di odio sui muri delle nostre città… Nel suo libro Oltre il male, Edith Bruck racconta della sua infanzia negli anni ’30 in un piccolo villaggio ungherese: «Da quando sono venuta al mondo io ho visto sempre intorno a me l’odio dell’antisemitismo… Da ragazzina sono stata insultata, denudata, sono stata costretta a sedere a pelle nuda sulle ortiche». Parlando di quella sua infanzia «tra accuse, offese, aggressioni», ricorda che tornava spesso a casa piangendo: «“Mamma, perché mi dicono che noi abbiamo ucciso Gesù?”». È l’accusa di “deicidio”, usata fin dai primi secoli dai cristiani contro il popolo ebraico. L’antigiudaismo cristiano, fondato su questa accusa di “deicidio” e poi alimentato anche da altri fattori, è la radice da cui è scaturito poi l’antisemitismo successivo, producendo una miscela letale. Sull’antisemitismo è intervenuto il 27 gennaio, Giornata della memoria, papa Francesco. E l’osservatore della Santa Sede presso l’Osce (Organizzazione della sicurezza e la cooperazione in Europa) ha parlato alla Conferenza sulla lotta all’antisemitismo lo scorso 10-11 febbraio a Helsinki, sottolineando il ruolo dell’educazione per combattere «ignoranza, pregiudizi, stereotipi» e generare «un senso di rispetto per le comunità ebraiche».
Sull’accusa di “deicidio”, dovremmo imprimerci bene quanto insegna il concilio Vaticano II. «Se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo», si legge nella dichiarazione Nostra aetate (n. 4), «tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo». Per analogia, questo si dovrebbe applicare anche oggi alle vicende che stanno straziando la Terra Santa: se si può parlare di responsabilità o colpe di alcuni (capi politici o altre figure o gruppi), non si può attribuire questo a un intero popolo, ancor più fuori dei confini di Israele.
Come credenti, poi, dovremmo fare molta attenzione anche al linguaggio ecclesiale, quando si parla “in blocco” dei farisei in modo squalificante. «I rapporti [di Gesù] con i farisei non furono né del tutto né sempre polemici», si legge nel documento vaticano Sussidio per una corretta presentazione degli ebrei e dell’ebraismo, del 1985. D’altro canto, come si ricorda nello stesso Sussidio, «Gesù è ebreo e lo è per sempre». E come afferma il Catechismo della Chiesa cattolica, «l’Antica Alleanza» (con Israele) «non è mai stata revocata» (n. 121). L’ebraismo è la radice santa del cristianesimo. Per questo motivo, la lotta contro l’antisemitismo è un dovere cristiano irrinunciabile.
di: don Vincenzo Vitale
da: Credere 8/2025
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