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ELOGIO DEL RISPETTO, VIRTÙ “SMARRITA” DELL’ANNO 2024

Pubblicato il 23/01/2025

Non è un atteggiamento ovvio oggi, come purtroppo ci dicono le cronache. 
Occorre coraggio e la forza della speranza. 

Cari amici lettori,
la Treccani ha scelto il “rispetto” come parola dell’anno 2024. «Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso affettuosa, verso una persona», leggiamo nel lemma del famoso vocabolario, «manifestazione concreta di tale sentimento mediante azioni o parole». La mente corre subito ai tanti casi di cronaca che hanno reso evidenti atteggiamenti totalmente opposti: dall’orrenda vicenda di Gisèle Pelicot, narcotizzata e abusata per anni dal marito e da decine di altri uomini, fino alla tragedia di Giulia Cecchettin che ci ha scioccato (e anche commossi, grazie alle parole del padre Gino), passando via via per la lunga scia di femminicidi che hanno costellato quest’anno appena trascorso (oltre 100 i casi registrati). E poi: il non rispetto (della vita) dei 40 candidati al “braccio della morte” negli Stati Uniti, per i quali si sta chiedendo la grazia, con la commutazione della pena in ergastolo; i tanti adolescenti che girano con un coltello nello zaino… L’elenco potrebbe continuare.

E non si può che condividere la dichiarazione dei condirettori del Vocabolario Treccani, Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, secondo i quali «il termine rispetto… va oggi rivalutato e usato in tutte le sue sfumature, proprio perché la mancanza di rispetto è alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni, della natura e del mondo animale».

C’è una parola cristiana che si pone su questa linea? Ne richiamo una, a cui papa Francesco ha voluto dedicare un documento proprio nel 2024: “dignità”. In Dignitas infinita (pubblicato lo scorso 2 aprile) il Santo Padre, fra le tre ragioni che nella visione cristiana stanno alla base del rispetto della dignità di ogni uomo e donna, ricordava l’incarnazione del Figlio di Dio (n. 19), che abbiamo celebrato da poco nel tempo natalizio. Un «principio nuovo», portato dal cristianesimo, nel panorama della storia, quello «per cui l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente».

I casi che ho ricordato all’inizio, e tante altre vicende di violenza cieca, ci ricordano che il rispetto per questa “dignità infinita”, nel concreto, non è una cosa ovvia. Ma sta al cuore del Vangelo e tutti noi ricordiamo i volti di tanti credenti, capaci di questo rispetto “assoluto”.

Oggi lavorare per costruire un’umanità più rispettosa – degli altri, del creato – significa avere coraggio ed esercitare la virtù della speranza. Coraggio come quello che ha avuto Gisèle, per non tacere e per denunciare, là dove si è testimoni o vittime di ingiustizia. Ma ci vuole anche il coraggio delle famiglie, delle parrocchie, delle associazioni per formare persone per le quali “rispetto” non è solo uno slogan ma un valore reale, incarnato nella vita.

Educare al rispetto vuol dire anche riflettere insieme sulle nostre contraddizioni: come si può, per esempio, applaudire le canzoni misogine di un noto trapper (caso di questi giorni) e poi indignarsi per la violenza sulle donne?

Il cristianesimo può contribuire, insieme ad altri nella società, a ricostruire, con i valori che gli sono propri, una cultura della vita. Di fronte alla tentazione di pensare che le cose sono irreversibili e che siamo condannati a una deriva verso il peggio, ci vuole però anche speranza. Parola d’ordine di questo Giubileo.


di: don Vincenzo Vitale
da: Credere 1/2025


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